La citta’ del Vaticano un’enclave del territorio italiano

Di
Carmelo Finocchiaro
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30 Giugno 2019

La Città del Vaticano è un’enclave del territorio italiano. Quarantaquattro ettari circondati da mura, naturalmente senza accesso al mare. Eppure, e questo in pochi lo sanno, lo stato vaticano in virtù della Dichiarazione di Barcellona del 1921 ha diritto alla navigazione marittima con proprie navi battenti bandiera gialla e bianca con lo stemma pontificio. Il tema pare quasi uno scherzo, oggi, ma quello dell’accesso al mare con un “corridoio” territoriale è stato un tema dibattuto decenni fa, specie durante la Seconda Guerra Mondiale in ragione della necessità di provvedere ai rifornimenti alimentari per lo Stato. Questo è solo uno dei molti aspetti politico-giuridici necessari per comprendere cosa è davvero il Vaticano, lo “Stato del Papa” che ormai è distante millenni-luce dallo stato pontificio collassato con la nascita del Regno d’Italia e il successivo arrivo dei bersaglieri. Un’occasione per approfondire il tema, vasto e affascinante anche per chi poco o nulla a che a fare con la fede cattolica, arriva dal libro Città del Vaticano (il Mulino) di Francesco Clementi, professore di diritto pubblico comparato e collaboratore del Il Sole 24 Ore. Il testo è un’agile guida per capire a fondo i meccanismi che regolano il Vaticano – che è lo stato, nato nel 1929 a seguito dei Patti Lateranensi – e la Santa Sede – che è invece il “governo” della Chiesa Universale – guidati entrambi dal Papa ma con strutture e articolazione distinte e complesse. Il testo di Clementi arriva in un momento in cui c’era bisogno di fare un punto sulla struttura e le dinamiche della Curia, che nel pontificato di Papa Francesco hanno visto delle riforme dall’andamento non sempre semplice, a volte erratico, ma senza dubbio profondo, soprattutto in economia e nell’informazione, con l’unificazione in quest’ultimo caso di tutti i media in un dicastero alla cui guida con la qualifica di prefetto, quindi ministro, al pari dei cardinali, per la prima volta nella storia è stato nominato un laico, Paolo Ruffini. In ogni caso l’idea della “riforma” della Chiesa per Bergoglio non è certo una riorganizzazione degli uffici centrali, ma questa azione si è resa necessaria proprio perché il cuore della cristianità non riusciva più a trasmettere gli impulsi “missionari” al resto del mondo. Certo, molta burocrazia resta, ma il ciclone-Francesco ha cambiato molto l’approccio, che già stava subendo delle mutazioni sulla spinta del più complessivo effetto della globalizzazione. La tesi di fondo del libro di Clementi è che i cambiamenti del mondo hanno trovato il Vaticano di Bergoglio meglio attrezzato per superare quella densa logica statualistica che, invece, aveva fatto breccia pure in alcuni recenti pontefici, non di rado troppo legati all’idea di avere uno stato come gli altri, soltanto più piccolo e dunque, appunto, semplicemente da miniaturizzare in tutto e per tutto nei suoi dettagli.

Fonte: ilsole24ore.com

Città del Vaticano

Francesco Clementi

il Mulino, Bologna, pagg. 160, € 13

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