Accertamenti bancari, i prelevamenti degli imprenditori individuali in contabilità semplificata. Si aspetta la pronuncia della corte costituzionale.

Di
Carmelo Finocchiaro
|
12 Marzo 2022

La Commissione tributaria provinciale di Arezzo con l’ordinanza del 26 aprile scorso ha rimesso alla Corte costituzionale la questione della legittimità dell’equazione prelevamenti non giustificati-ricavi dell’imprenditore individuale, che accompagna gli accertamenti basati su indagini finanziarie. Si tratta di un tema che, dopo la prima sentenza della Corte costituzionale del 2014 che aveva annullato i prelievi per i professionisti, era rimasto incompiuto. In attesa dell’esito del relativo giudizio costituzionale da parte della Consulta e delle relative motivazioni, le questioni e i dubbi sollevati dal giudice a quo sul tema, sempre molto controverso in dottrina e giurisprudenza, meritano attenzione e possono ritenersi, per certi versi, condivisibili.

Con l’ordinanza del 26 aprile 2021, pubblicata nella G.U. del 13 ottobre 2021, la Commissione tributaria provinciale di Arezzo ha sollevato una questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’articolo 32, comma 1, n. 2), del Dpr 600/1973.

Si tratta della normativa sugli accertamenti bancari, basati su indagini, riscontri e dati di natura finanziaria, i quali «sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine»; inoltre, «alla stesse condizioni sono altresì posti come ricavi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti e gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili».

Per vero, non è la prima volta che la disposizione sugli accertamenti bancari e finanziari venga tacciata di incostituzionalità, in particolare per quel che concerne le presunzioni sui prelevamenti e sugli importi riscossi che, seppur afferenti a operazioni differenti dai versamenti, sono a questi parificati dalla normativa in esame.

Già con la sentenza 225/2005, il giudice delle leggi aveva superato i primi dubbi di incostituzionalità, dichiarando infondata la questione attinente ai prelevamenti e agli importi riscossi, giudicando la presunzione di imponibilità compatibile con i principi costituzionali di capacità contributiva (articolo 53 della Costituzione) e di ragionevolezza (articolo 3 della Costituzione), perché «in caso di accertamento induttivo, si deve tenere conto non solo dei maggiori ricavi ma anche della incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati»,

 Successivamente, la questione tornava all’esame della Consulta la quale, accogliendo la domanda del giudice a quo, dichiarava incostituzionale l’articolo 32, comma 1, n. 2), del Dpr 600/1972,  limitatamente però alla parte sui “compensi” dei professionisti.

La decisione era vincolata ad esaminare soltanto l’estensione, nei confronti dei lavoratori autonomi, del regime di accertamento presuntivo previsto per le imprese, in quanto «l’attività svolta dai lavoratori autonomi, al contrario, si caratterizza per la preminenza dell’apporto del lavoro proprio e la marginalità dell’apparato organizzativo».

Oggi, la questione torna ancora una volta di attualità, questa volta in riferimento ai prelevamenti ingiustificati effettuati da imprenditori individuali in contabilità semplificata.

Difatti, per i giudici di merito, solo l’ipotesi dei versamenti sembrerebbe coerente con il sistema impositivo e con la presunzione, in favore del fisco, di maggiori ricavi non contabilizzati, da assoggettare a tassazione, fatta salva la prova contraria riferita dal contribuente. Altrettanto non può dirsi, invece, per i prelevamenti: l’equiparazione diretta con i versamenti comporterebbe infatti un eguale trattamento tributario di situazioni, sia contabilmente che logicamente, del tutto differenti, finendo col sottoporre a tassazione un reddito inesistente.

Fonte: Riviste Sole 24 ore

Per assistenza e consulenza tel. 0953286784 – 0621129414 mobile 3512192291

Altre notizie