Quegli strani giri di soldi sui conti correnti dell’ambasciata russa. A chi vanno quei soldi?

Di
Carmelo Finocchiaro
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25 Febbraio 2023

In un anno di guerra l’ambasciata russa in Italia si è resa protagonista di minacce ai parlamentari, denunce ai giornalisti, manovre di propaganda. E anche di uno strano giro di soldi in contanti.
Dal giorno in cui Vladimir Putin ha invaso Kiev, Mosca ha provato ad assediare Roma ritenendo che fosse «l’anello debole» del fronte occidentale. Da allora il capo della diplomazia russa in Italia, Sergej Razov, si è segnalato per una serie di iniziative provocatorie che hanno indotto più volte la Farnesina a convocarlo. In principio inviò una lettera intimidatoria ai parlamentari che stavano per votare i primi aiuti militari all’Ucraina. E siccome i presidenti delle Camere del tempo non intervennero a difesa di deputati e senatori, ritenne di poter proseguire indisturbato: pagò biglietti aerei a leader politici che s’inventarono mediatori; chiamò ex premier per spiegare loro che «era tutta colpa di Volodymyr Zelensky»; s’incuneò tra le pieghe di quei partiti che non volevano più mandare armi in nome di un riscoperto pacifismo; tenne una conferenza stampa davanti alla Procura romana dopo aver presentato un esposto contro un articolo di giornale.
Con Mario Draghi e Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, ogni suo colpo è andato però a vuoto. Anche se non ha mai desistito. Ma mentre Razov lanciava avvertimenti verso il Paese «che morde la mano di chi l’ha aiutato», la sua ambasciata finiva sotto la lente d’ingrandimento dell’Uif. L’anno scorso l’Unità di antiriciclaggio italiana si allertò per certe movimentazioni sui tre conti dell’ufficio diplomatico romano della Federazione russa. Uno dei conti opera in valuta, gli altri due in euro. E tutti insieme — guarda caso in concomitanza con lo scoppio della guerra — fecero scattare l’allarme della struttura che opera presso la Banca d’Italia. Ce n’è traccia nei documenti dell’Uif, dai quali si evince che le «segnalazioni» iniziarono già nel primo semestre del 2022. Nel secondo, se possibile, si infittirono.
Nel report datato 5 gennaio 2023, l’Uif ha descritto nei minimi particolari le ultime operazioni ritenute «sospette». Tra il 17 e il 20 ottobre del 2022 furono versati sul conto «in valuta» della sede diplomatica russa 400 mila dollari americani: soldi che «in base alla documentazione fornita» derivavano da «giacenze» per «attività regolari e giornaliere» dell’ambasciata. Appena quattro giorni dopo, da quel conto, venne trasferita su uno degli altri due conti una cifra pari a 403 mila euro. E da lì, nel giro di un mese, furono effettuati «cinque prelievi di contante» per complessivi 410 mila euro. Annota l’Uif: «Alla luce delle misure restrittive disposte dell’Ue nei confronti di enti russi o comunque riconducibili alla Federazione russa, a seguito della crisi in Ucraina appare sospetta la movimentazione in contanti per importi elevati».
Il mese seguente all’Unità antiriciclaggio venne segnalata un’altra operazione particolare: il 12 dicembre — è scritto — una società di security «consegnerà presso l’ambasciata russa di via Gaeta 5 a Roma» una sovvenzione di danaro di 600 mila euro, «composta da seimila banconote di 100 euro». «La provvista — secondo la struttura di controllo italiana — appare anomala per il valore totale richiesto, se analizzata nel contesto della guerra in corso tra Russia e Ucraina». Insomma, solo nell’ultimo trimestre del 2022 l’ufficio diplomatico di Mosca a Roma ha mosso un milione di euro in contanti. A cosa sia servita tutta questa liquidità non si sa e tantomeno si conoscono gli eventuali destinatari. È certo che l’uso di tanti soldi per «attività regolari e giornaliere» è eccessivo.
Il fatto è che le sanzioni hanno drasticamente ridotto le modalità di trasferimento per le istituzioni moscovite ed è probabile che il blocco dalla Russia impedisca altri tipi di movimentazioni. Però la cifra è considerevole e infatti l’Uif ha trasmesso le segnalazioni agli organismi competenti. Sarà una coincidenza, ma nello stesso periodo in cui l’ambasciata di Razov agiva sui conti, l’Unità antiriciclaggio siglava un «nuovo protocollo d’intesa» con la Direzione Nazionale Antimafia, «per affinare i meccanismi di condivisione dei dati sulle operazioni sospette» e «ottimizzare l’uso delle informazioni provenienti dalle Financial Intelligence Unit estere». I servizi italiani non possono non sapere…

Fonte: Corriere della Sera

 

 

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